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L'attore Luke Evans parla della sua infanzia nei Testimoni di Geova





L'attore e cantante gallese Luke George Evans è molto conosciuto per le sue performance teatrali e cinematografiche. Tra i tanti lavori cui ha partecipato ricordiamo "I tre moschettieri", la trologia di "Lo Hobbit" e il suo ruolo indimenticabile di Gaston nel film Disney "La bella e la bestia"

Pensavo di morire durante Armageddon", ha affermato Evans, attualmente sul set della serie TV Criminal.



Figlio di Yvonne Lewis e David Evans, Testimoni di Geova, Luke racconta di essere stato vittima di omofobia a scuola. Veniva appellato col termine "Jovey Bender", proprio perchè cresciuto come Testimone di Geova. "Era il soprannome peggiore - racconta Evans - perchè combinava due aspetti della mia identità che non potevano mai essere conciliati: la mia omosessualità e la mia appartenenza alla religione di Geova"

Evans è stato il ragazzo più giovane ad essersi battezzato nella sua congregazione nel Galles, aveva appena 13 anni. E quel battesimo significava dedicare tutta la sua vita al servizio a Geova.


Il noto attore racconta anche di come, dopo il suo coming out la congregazione abbia insistito che i suoi genitori tagliassero i ponti con lui.


Evans racconta di come a 16 anni scappò via di casa, perchè non riusciva a gestire questa situazione.

Egli ha pubblicato una sua autobiografia nel libro dal titolo Boy from the Valleys. Un titolo sobrio che racconta una storia straordinaria e scioccante.

Il 45enne cresciuto ad Aberbargoed, una piccola città nel Galles meridionale che ospitava la più grande discarica di rifiuti di miniera d'Europa e che raggruppava anche un numero importante di devoti Testimoni di Geova, due dei quali erano i suoi genitori.


Evans descrive suo padre, David, come una pop star in erba da giovane. "Era l'Harry Styles delle Valleys: un po' smilzo, bello, con una bella pelle e capelli spettinati". Il 31 dicembre 1975, David decise di dedicarsi a Geova perché aveva sentito che quella notte si sarebbe verificato l'Armageddon e voleva stare dalla parte giusta. Corse dalla sua ragazza Yvonne per raccontarle la notizia. Dio stava per distruggere i malvagi, resuscitare i morti e trasformare di nuovo la Terra in un paradiso dove i giusti avrebbero potuto vivere in armonia, liberi da violenza, malattie e morte.






Nonostante Armageddon non si fosse verificato quella notte, David ed Yvonne divennero comunque dei devoti Testimoni di Geova. Si dedicarono a Dio frequentando la loro Sala del Regno locale, si sposarono e nel 1979 nacque Luke, il loro unico figlio. Evans dice che loro tre erano inseparabili, il che ha reso possibile ciò che è accaduto in seguito agli eventi traumatici.








Evans ricorda ancora oggi le giornate a bussare alle porte di sconosciuti, con i suoi genitori, nel tentativo di convertirli alla fede di Geova.

"Bussare alle porte di sconosciuti, sapendo che non volevano ascoltare quello che avremmo loro detto, era terrificante". Racconta, "Nonostante tutto la mia infanzia è stata piena di amore, soprattutto da parte di mia madre. Mio padre era il capofamiglia".


Mentre David teneva a galla la famiglia come muratore, Yvonne si dedicava al giovane Luke tanto quanto a Dio. "Ogni mattina, prima di andare a scuola, mi infilavo a letto con loro dalla parte di mia madre", ricorda Evans.


Malgrado questo clima famigliare sereno, molti dei suoi ricordi d'infanzia sono definiti da lui stesso "orribili".

C'era quel bussare alle porte con i suoi genitori, che ancora oggi lo sconvolge al sol pensarci. "Lo odiavo. Durante le vacanze estive, bussavamo alle porte anche più di quando ero a scuola. Tre ore il mercoledì, tutto il giorno il venerdì, poi il fine settimana".


L'Organizzazione incoraggiava tutti a promuovere i suoi insegnamenti, per cui ogni volta che Luke entrava in una nuova classe a scuola, aveva la responsabilità di parlare al suo insegnante e ai suoi compagni delle regole della sua religione. Alle superiori c'erano nove Testimoni di Geova nella classe, ma essendo l'unico ragazzo era lui quello incaricato a spiegare. "Ho dovuto alzarmi e dire: 'Non festeggiamo il Natale, non festeggiamo la Pasqua, non festeggiamo i compleanni'".

“Quello che mi faceva più male era essere respinto. C'era chi non voleva sedersi accanto a me in classe. Nessuno con cui parlare durante la ricreazione. Nessuno con cui uscire o essere al sicuro in mezzo a una folla o a una gang. Io non avevo un amico. I ragazzi che erano Testimoni di Geova avevano il loro gruppo e tutti gli altri sembravano semplicemente integrati nel loro piccolo gruppo, mentre io non trovavo il mio. Quella è stata la parte più dura. È una cosa terribile per una bambino dover pensare, cosa c'è che non va in me? Mi sentivo sporco, come se avessi una malattia. Dovevo continuare ad analizzare cosa c'era in me che li spingeva a fare questo: era la mia voce? Era il fatto che ero leggermente effeminato?”

Alle superiori sapeva di essere gay. Voleva raccontare a sua madre di essere vittima di bullismo, ma non poteva. Era terrorizzato all'idea di andare a bussare porta a porta con i suoi genitori e che uno dei bulli aprisse la porta e gli lanciasse insulti omofobi. "Mia madre e mio padre non avevano idea che stessi passando tutto questo. Ma quando mi trovavo in una situazione in cui potevo essere esposto, ero terrorizzato".







Evans paradossalmente racconta di aver scoperto il suo talento quando durante la funzione nella Sala del Regno gli veniva assegnato di leggere un brano della Bibbia e spiegarne il significato. "Dopo il discorso, gli anziani davano consigli su come migliorarlo. Dicevano: 'Usa più illustrazioni' o 'Fai una pausa per enfatizzare' o 'Usa la ripetizione'". Nei primi tempi, amava quell'aspetto dell'essere un Testimone di Geova, proprio come amava vestirsi con un abito e il senso di appartenenza. Ma niente di tutto ciò compensava gli svantaggi. "Tutto quello che avevo in testa era: se non risolvo questa cosa, perderò mamma e papà".


The Guardian chiede a Evans come mai abbia comunque deciso di battezzarsi, pur avendo già a 13 anni la consapevolezza di essere gay. "Pensavo che forse facendo così, il resto sarebbe scomparso. Ero così confuso e non avevo nessuno con cui parlare. L'unica cosa di cui potevo parlare con le persone che conoscevo era la religione", risponde - "Ho pensato, beh, concentrati su qualcos'altro e spera che l'altra cosa se ne vada. Questo poteva distogliermi dai miei pensieri; dalle cose brutte. Ogni sera nella congregazione leggevano le Scritture che dicevano cose terribili su come mi sentivo e su chi stavo forse diventando. Tutto quello che avevo in testa era: se non risolvo questa cosa, perderò mamma e papà. Perderò tutto quello che ho sempre conosciuto e morirò anche ad Armageddon, quindi mi do una condanna a morte se non risolvo la questione".

Luke Evans ha creduto al 100% di essere condannato a morte.

Secondo quando riportato da The Guardian Evans è stato per tanto tempo terrorizzato dal poter perdere i suoi genitori: "L'unica cosa che contava per me erano mamma e papà. Non mi importava più molto della morte una volta che ho capito chi ero e cosa dovevo fare per essere me stesso. Per essere felice, c'era solo una strada che potevo prendere, e la mia unica preoccupazione era che avrei perso mamma e papà nel breve periodo che avevo prima che arrivasse l'Armageddon. Ho dovuto prendere questa decisione: o continui a mentire e vivi questa vita che ti rende molto infelice o ti prendi il rischio e speri che non ti taglino fuori e fingano che sei morto".

"Quel tipo di religione è spietata e disumana"


Evans racconta ancora che suo padre trovò nella sua cameretta delle riviste porno e della letteratura gay e senza dirlo a suo figlio, bruciò tutto. Quando Evans chiese alla madre dove fossero finiti i suoi giornali, lei glielo disse, ma ribadì anche che non voleva sapere nulla della sua sessualità; le implicazioni erano troppo terribili.


A 16 anni così Evans lasciò la scuola e la città per Cardiff per una nuova vita. Decise che era l'unico modo per tenersi stretti i genitori pur rimanendo fedele a se stesso. Ottenne un lavoro amministrativo in una società finanziaria e iniziò una relazione con il suo responsabile di linea, Tom, 20 anni più grande di lui. Fu inviata una lettera anonima al personale che denunciava la relazione e Tom fu licenziato. La coppia non riusciva a vedere alcun futuro per se stessa.


Evans descrive la sua vita come una serie di momenti di "porte scorrevoli", ed è stato in quel momento che si aprì la porta più grande. Tom era amico di una coppia eccezionalmente ricca con cui discussero del licenziamento di Tom dal lavoro. Evans, ancora un adolescente timido, rivelò che gli piaceva cantare. Dopo qualche lusinga, accettò di cantare Danny Boy per loro. La mattina dopo, gli amici gli fecero una proposta: avrebbero assunto Tom per gestire il loro fondo fiduciario e sostenere finanziariamente Evans per farlo studiare a scuola di musica e teatro.


Da quel momento la storia di Evans cambia letteralmente. All'età di 16 anni egli si ritrova a vivere a Londra con Tom in un lussuoso condominio. Quando guardava fuori dalla finestra, vedeva Andrew Lloyd Webber nel suo appartamento di fronte. Dopo essere partito per Londra, disse ai suoi genitori che Tom era il suo padrone di casa e che era raramente a casa perché viaggiava per lavoro. David e Yvonne accettarono la storia con gioia. Nel frattempo, Evans studiava al London Studio Centre per un diploma triennale in teatro musicale, dove i suoi tutor lo riconobbero come una stella nascente. Si divertiva molto: faceva feste, sesso, si drogava.


"Non sorprende che la sua relazione ne abbia sofferto. - Riporta The Guardian - Lui e Tom iniziarono a sentire la differenza di età e si lasciarono. Evans si ritrovò improvvisamente a essere il tipico studente povero che condivideva la casa. L'unica differenza era che quando gli altri studenti tornavano a casa per le vacanze, lui sentiva di non potercela fare. Ora aveva 19 anni, era al verde e si sentiva depresso in un modo che non gli capitava da tre anni. Odiava mentire ai suoi genitori ed era più spaventato che mai di perderli. Confessò tutto a sua madre, dicendole che Tom era stato il suo ragazzo, si erano lasciati e che ora conduceva uno stile di vita impossibile da conciliare con l'essere un Testimone di Geova. Yvonne la prese con filosofia, ma non lo disse a suo padre. Aveva paura di perdere Luke tanto quanto lui di perdere lei.


Evans aveva poco più di 20 anni e lavorava nel teatro musicale quando un'intervista che aveva rilasciato alla rivista gay The Advocate, in cui parlava della sua omosessualità, attirò l'attenzione degli anziani dei Testimoni di Geova. Gli lasciarono un messaggio sul telefono in cui dicevano che se fosse stato vero che era un "omosessuale praticante", sarebbe stato disassociato, cacciato dalla chiesa. Gli anziani gli chiesero di tornare ad Aberbargoed per la punizione. Evans ignorò la convocazione. Invece, chiamò Yvonne, che concordò che era giunto il momento di dirlo a David.

Suo padre era devastato, ricordò a Evans che sarebbe morto ad Armageddon e gli disse che sarebbe andato a fare una passeggiata. Quando tornò, David si rese conto che non poteva interrompere i contatti con suo figlio. In contumacia, Evans fu disassociato; i suoi genitori erano lì ad assistere alla sua umiliazione. Chiedo a Evans come gli anziani l'avrebbero formulata. "Avrebbero detto: 'Luke Evans non è più un membro della congregazione cristiana'. Il sottinteso è: 'Non puoi più parlargli, avere alcun rapporto con lui, è un emarginato, ora non fa più parte di nessuna delle nostre vite'".


"È stato un sollievo quando è stato disassociato?" Chiede il giornalista di The Guarian

"Sì, - Risponde Evans - ma è stato doloroso, perché sapevo che mia madre e mio padre erano seduti in quella Sala del Regno circondati da persone che li conoscevano e che avevano conosciuto me fino a quando avevo 16 anni. Deve essere stato un momento orribile per loro. Penso che siano semplicemente tornati a casa, si siano abbracciati e abbiano superato la cosa." Espira rumorosamente, lentamente, come se fosse stato trafitto.


I suoi genitori si sono dimostrati eroici, dice. Non lo hanno cacciato, né hanno rinunciato ai Testimoni di Geova. In qualche modo sono riusciti a rimanere fedeli a entrambi. Ed è qui che i suoi sentimenti sulla religione diventano sorprendentemente sfumati. "Dovrei essere molto arrabbiato, ma non lo sono. Perché mentre tutte queste cose non piacevoli che mi stavano succedendo, io non ho mai voluto che nessun altro le attraversasse, vedo due persone che hanno trovato una vita che funziona per loro. Hanno degli amici meravigliosi, dentro e fuori la religione." Si ferma. "Ma se non funziona per qualcuno, dovrebbe avere il diritto di dirlo. 'Mi dispiace tanto, ci ho provato davvero, davvero, posso andare? Va bene?' E questa è la parte che non puoi fare una volta che sei battezzato".


Quel che Luke Evans reclama è proprio la libertà di uscire da un movimento senza poter per questo rinunciare ai suoi cari e senza che i propri affetti all'interno siano obbligati a rinunciare ai propri legami.


Evansi durante la sua carriera professionale racconta di essere stato vicino ai suoi genitori, soprattutto quando suo padre si ammalò e non potè più lavorare.

Acquistò la casa accanto a quella dei suoi genitori perché la affittassero, creandosi un reddito. Ogni tanto, gli anziani bussavano alla loro porta e dicevano a David e Yvonne che sapevano che loro fossero ancora in contatto con Luke e che questo era un peccato. David viene descritto come obbediente fino alla mansuetudine. Ma arrivò un momento in cui ne ebbe abbastanza. Evans cita l'eroico discorso di David agli anziani nel suo libro: "Quando mi sono ammalato, chi ha messo la benzina nella macchina? Chi ha pagato l'elettricità? Chi ha pagato il cibo nel frigorifero? Sei stato tu? No, è stato nostro figlio. Anche se hai cercato di tenerci lontani da lui, Luke ci ha mai chiesto di lasciare la chiesa? No. Si è allontanato il più possibile da noi per non portare discredito sulla religione, e tu stai ancora cercando di trascinarlo di nuovo in questo. Bene, mai più. Non venire a casa nostra e dirci di non parlare con nostro figlio, perché se non fosse per lui non avremmo nemmeno in questa casa".

Suo padre ha così perso i suoi privilegi nella chiesa ed è stato radiato dall'essere un servitore di ministero, sino ad un gradino sotto di anziano. E ancora, nonostante tutto, David e Yvonne rimangono nella organizzazione oggi.


Luke porta un tatuaggio sull'avambraccio. Si tratta di una D, di una T e una L che rappresentano le iniziali della sua familia "mio ​​padre, mia madre e me", dice Evans. "È eterno. Abbiamo passato tutto insieme e penso che saremo legati per sempre. È il mio primo tatuaggio. Avevo 39 anni. Ho pensato che l'unico modo per aggirare la questione con mia madre era dire che l'avevo fatto con le lettere dei loro nomi. E ha funzionato alla grande!"

A 45 anni, ammette di essere ancora un mammone. "Quando a mia madre non piace qualcosa, lo sento ancora. Voglio accontentarla". A 30 anni, Evans ha avuto un'altra crisi. La sua carriera nel teatro musicale sembrava precaria. "Ho pensato, dovrò ancora affittare una stanza in un appartamento condiviso tra 20enni?"


Ha pensato di abbandonare il teatro per un lavoro noioso ma stabile, qualcosa nel settore dei servizi, forse. Il teatro musicale era impegnativo, eppure era frequentato da così tante persone nel settore. Aveva provato a sfondare nel teatro vero e proprio, ma senza successo. Quando ha chiesto al suo agente di proporlo per una parte in Small Change di Peter Gill, su due ragazzi gallesi, l'agente gli ha detto che stava andando oltre se stesso. Così Evans ha scritto personalmente al direttore del casting, e ha finito per ottenere il lavoro. Un altro momento di porta scorrevole. Da lì, si è trovato un nuovo agente britannico, poi uno americano, e nel giro di poche settimane gli è stata offerta la parte di Apollo nel remake di Scontro tra titani.


"Era una follia", dice. Il piccolo Luke Evans, che non riusciva a trovare un lavoro fisso nel West End, fu poi scritturato per un film dopo l'altro. Cinque di questi nel suo primo anno. Più film faceva, più si ritrovava richiesto e più alto era lo stipendio. Hollywood decise che era un uomo d'azione naturale. La sua sessualità non fu mai messa in discussione. "Ho interpretato uomini etero e mascolini. Sono queer, ma mi presento in modo maschile. E grazie a Dio, in un certo senso, perché, accidenti, non avrei avuto la carriera che ho avuto se mi fossi presentato in un altro modo".

Ha incontrato qualcuno dei bulli della scuola da quando si guadagna da vivere interpretando uomini macho? chiede il giornalista di The Guardian

"Ahahaha! È piuttosto geniale, vero? Mi fa ridere. No, non è mai accaduto".


Un giorno, camminò sul red carpet di una première con un'amica. Il Daily Mail decise che era la sua ragazza e lo riportò in una rubrica di gossip. Il suo team dirigenziale gli consigliò di non dire nulla e lui rispettò le direttive. Ma si sentiva a disagio. Sebbene non avesse mai lasciato intendere di essere etero, si sentiva complice del suo silenzio. Da lì cominciò a preoccuparsi di essere smascherato come gay, nonostante il fatto che si fosse dichiarato 20 anni prima e tutti nella sua vita sapessero che era gay.







Come previsto, le voci si divulgarono sui social media. I troll sostenevano che Evans stesse mentendo. Hanno riesumato l'intervista del 2002 su Advocate in cui aveva parlato del suo rifiuto di nascondersi. Eppure, come star emergente del cinema, era diventato timido riguardo alla sua sessualità, ad esempio dicendo a Cosmopolitan nel 2010 che sperava di adottare tre cani e "condividerli con qualcun altro". Dopo aver vissuto con abusi omofobi per gran parte della sua vita, ora erano le persone della comunità gay a iniziare a provocarlo.


Sono stati tre anni che hanno quasi distrutto Evans. "Ha riportato alla luce un'immensa quantità di PTSD che era collegata a ciò che provavo da bambino, pensando che avrei perso la mia mamma e il mio papà. C'era molto odio. Mi trattavano come se avessi voltato le spalle alla mia identità e alla comunità di cui ero una parte importante. I commenti erano orribili, incluso "Spero che muoia di AIDS. La prima cosa è che non sanno di chi stanno parlando. Non mi conoscono. Non ho solo vissuto come un uomo gay, ho sacrificato tutti i miei amici d'infanzia. Ho dovuto andarmene a 16 anni. Ho dovuto affrontare Londra, la droga, il sesso, senza nessuno su cui contare a parte le nuove persone che avevo trovato nella mia vita. Non c'è mai stato un momento in cui mi sono vergognato. Avevo un piano dall'età di 12 anni per scappare perché volevo essere la persona che sono. C'era molto odio. Mi trattavano come se avessi voltato le spalle alla mia identità e alla comunità di cui ero una parte importante."


Come ha superato tutto questo? "Immergendomi nel lavoro e tenendomi vicino i miei veri amici. Quando non ero sul set di un film, ero con i miei amici a Londra e vivevo una vita più che normale. Il mio team mi ha supportato molto ed ero pronto per la conversazione quando è stata affrontata".


Nella sua autobiografia dice che Ian McKellen è stato uno dei primi a riconoscere il suo talendo. Il grande attore e attivista gay gli ha detto: "Oh, guardati, diventerai una grande star"


Da quando ha fatto coming out per la seconda volta, Evans ha parlato raramente della sua vita privata. In Boy from the Valleys, ce la racconta tutta: dalla cotta della scuola elementare per un'insegnante di rugby alle sue relazioni con uomini più grandi, alla frequentazione con il modello e attore Jon Kortajarena, fino ai tre anni trascorsi con il suo attuale compagno, l'architetto spagnolo Fran Tomas, con cui ha avviato un'attività di moda e lifestyle. Lui e Tomas condividono case a Londra, Lisbona e Ibiza. A volte, dice, pensano di avere figli insieme; altre volte, pensano che resteranno con i loro figliocci (Evans ne ha cinque). Dice che non potrebbe essere più contento. È persino riuscito a combinare la sua carriera cinematografica con quella canora: ha pubblicato due album di cover, l'ultimo dei quali ha raggiunto il n. 4 nelle classifiche del Regno Unito.


Quanto ai Testimoni di Geova, lui crede che gli abbiano insegnato molto. "Avere porte sbattute in faccia fin da quando ero piccolo mi ha messo in una buona posizione quando sono diventato attore e non ho trovato lavoro. Non me ne fregava niente. Ero tipo, OK, va bene, andiamo avanti. Ci sono altre 10 porte. Continuerò a bussare". Come attore, sta anche ampliando il suo raggio d'azione, recitando controcorrente, per così dire. L'anno scorso, è stato molto toccante nel film Our Son, su due uomini gay la cui relazione sta finendo e l'impatto che ha sul loro bambino.


Lui insiste ancora sul fatto che la sessualità di una persona dovrebbe essere irrilevante. Ma, naturalmente, sa che la realtà è diversa. Ma come sarebbe stata oggi la sua vita se fosse rimasto un Testimone di Geova. "Avrei vissuto una vita molto triste e isolata, perché avrei dovuto rinunciare alla mia sessualità". In definitiva, Evans ritiene che abbandonare la sua religione sia stata per lui una decisione di vita o di morte. "Non so se sarei qui oggi se quella fosse stata la vita che avevo scelto di vivere", dice.


Il racconto di Evans ci fa molto riflettere sugli abusi che si devono affrontare nei gruppi chiusi. Lui ce l'ha fatta a trovare un equilibrio, non subendo la separazione dai suoi amati genitori.

E' così per tutti?

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